Immagini di comunità e immaginari di possibilità. 12 mesi dello Sportello Sans-Papiers. 

I governi cambiano, le politiche solo a volte ma noi siamo sempre qui. L’anno passato è stato il settimo anno di presenza continuativa dello Sportello Sans-Papiers nel quartiere di Ballarò. Rimaniamo porto di terra, in ascolto e reattivo, solidǝ su alcuni principi che hanno guidato da sempre le nostre azioni: mantenere le porte aperte a tutte e tutti, a prescindere dal loro status giuridico; lavorare in rete portando avanti un approccio non assistenziale e di comunità; lottare in nome della difesa dei diritti umani, per la libertà di movimento e in opposizione ad ogni forma di razzismo. La nostra equipe è multidisciplinare per formazione e background: mediatori linguistico-culturali, operatrici sociali, attivisti e attiviste di diversa nazionalità e, ad oggi, cinque legali.

In questo breve articolo, desideriamo restituire un’immagine delle persone che sono venute in Sportello – secondo il gender, la nazionalità e l’età – e anche alcune delle problematiche che ci sono state maggiormente (ri)portate: gli ostacoli nell’accesso agli uffici pubblici e postali; la precarietà data dalla crisi alloggiativa; le complessità legate a situazioni di dipendenze e ai manchevoli servizi in città in materia di benessere psichico. L’obiettivo è raccontar per provare a dipingere un pò il quadro e per avvicinare ai mondi, alle storie e alle pluralità che arricchiscono il nostro spazio e, anche, alle complessità che la nostra comunità affronta. 

Chi sono le persone incontrate nel 2022?

Nell’anno appena trascorso, 521 persone sono passate dallo Sportello il mercoledì pomeriggio, a volte per una chiacchierata, altre perchè necessitarie di supporto e di una presa in carico per affrontare un momento di difficoltà o perchè in maggiore stato di vulnerabilità.

  • La maggior parte delle persone conosciute, sia uomini che donne, hanno tra 26 e 35 anni. Molte, sono persone che abbiamo incontrato la prima volta non appena arrivate in Italia, 6 o 7 anni fa, e con le quali, spesso, siamo anche crescuitǝ insieme. Un quarto sono donne; la maggior parte sono madri di figl3 piccolǝ che risiedono a Palermo e in provincia, principalmente in CAS. 
  • Quasi la metà sono cittadine e cittadini di paesi dell’Africa occidentale (244 in tutto), mentre 152 provengono da paesi nordafricani. Di questǝ, la maggior parte provengono dalla Tunisia (78) e hanno intrapreso una delle vie più pericolose per entrare Europa: la tratta marittima che attraversa il Mediterraneo. Nel sistema di frontiere razzista e xenofobo, dove a pochǝ è concessa la libertà di movimento, per moltǝ questa tratta sta divendando l’unica via di accesso a luoghi più sicuri.
  • Si sono rivolte a noi persone provenienti da tutti i continenti del mondo: dal Medioriente, all’Europa dell’est e all’Asia. In particolare, abbiamo supportato donne e uomini dall’Ucraina e dalla Russia, dalla Palestina e dall’Iraq e poi dall’Asia (46 persone). Per quest’ultime, soprattutto per le persone che parlano bengalese, sono molte le difficoltà nel reperire mediatorǝ in città a cui rivolgersi; queste difficoltà si scontrano con il fatto che le persone provenienti dal Bangladesh rappresentino una delle comunità straniere più numerose a Palermo.
  • Durante il 2022, infine, sono aumentate le persone italiane (24 in tutto) che a noi si sono rivolte perchè marginalizzate, criminalizzate o in stato di povertà e situazioni abitative precarie. 

Quali criticità affrontano le persone che a noi si rivolgono?

  1. Possono esistere cittadinǝ di serie A e di serie B? 

Gli uffici pubblici comunali mettono in campo troppo spesso delle azioni ostacolanti all’effettivo accesso ai servizi per tutta la popolazione cittadina. Le situazione di violazioni e di mancanze all’interno di questi luoghi poi però si perpetuano e si fanno selettive rispetto al target. Prassi discriminatorie, pregiudizi, stereotipi di genere e xenofobi separano e differenziano tra cittadinanza di serie A e di serie B. La popolazione straniera, in particolare, si trova frequentemente limitata nell’accesso ai servizi – e dunque al pieno godimento dei propri diritti – a causa della mancanza di mediazione linguistica-culturale negli uffici e, anche, della insufficiente conoscenza di lingue veicolari o di prassi specifiche da parte di operatorǝ di tali uffici. Questi problemi attraversano trasversalmente gli uffici dell’ASP e il Ser.D, l’ufficio immigrazione della Questura di San Lorenzo e l’agenzia delle entrate, l’ufficio anagrafe di Viale Lazio; quest’ultimo, da qualche anno, è diventato uno tra i luoghi più critici della città, rappresentando un vero e proprio ostacolo fra la popolazione e l’accesso allo Stato sociale.

Inoltre, i tentativi di implementare la digitalizzazione dei servizi hanno causato, spesso, maggiori problemi escludendo persone analfabete digitali, persone impossibilitate ad accedere al servizio di identità digitale (SPID) o, addirattura, cancellando proprio dei diritti perché specifiche categorie non sono state incluse nel menù a tendina.

Tali situazioni, purtroppo, si verificano anche al di fuori e presso gli uffici postali ove la mancanza di mediazione linguistica si aggiunge a frequenti prassi illegitime agite sulla base di discriminazioni razziste. Troppo spesso richiedenti asilo e persone titolari di altri tipi di permessi di soggiorno si sono viste negate la possibiltà di aprire un conto bancario di base in posta, anche avendone pieno diritto. Ciò, oltre a violare un diritto della persona, può anche limitare le sue possibilità di lavorare ed esser regolarmente pagata.

  1. La crisi alloggiativa e lo smantellamento dell’accoglienza

Problemi di alloggio di ogni tipo rapprasentano un tema costante allo Sportello. Non importa se si vive in Italia da 3 giorni, 3 anni o 30 anni; la combinazione dell’alto livello di disoccupazione in Sicilia, le altre forme di oppressione subite da tante comunità e il limitato supporto istituzionale, concorrono a determinare situazioni di grave disagio e di precarietà abitativa, spesso senza soluzioni. 

I dormitori comunali non possono essere la soluzione alla crisi alloggiativa e non è mai stata la loro funzione ma purtroppo nell’ultimo anno i tempi di attesa per l’ingresso – superiori a 3 mesi – hanno mostrato come abbiano difficoltà a rappresentare anche una soluzione in situazioni di urgenza o di emergenza. Per forturna, diverse sono le realtà cittadine di offerta di strutture di accoglienza informali che suppliscono ad alcune mancanze, seppur non potendole risolvere. 

Per quanto riguarda il sistema statale di accoglienza, durante il corso del 2022, abbiamo assitito ad un rallentamento infernale dei tempi di ingresso nei centri SAI di secondo livello. La straordinarietà si è fatta norma ormai come troppo spessso accade e chiunque, anche se evidentemente con più necessità – persone con certificate vulnerabilità, donne, bambinǝ, per esempio – devono aspettare circa 6 mesi per ricevere una risposta dal servizio centrale di Roma. Ciò ha poco a che fare con la disponibilità effettiva di posti dei centri di secondo livello che si trovano spesso con stanze e letti vuoti. Contemporaneamente, richiedenti asilo ospitati dalla Prefettura nei centri CAS di primo livello presenti nel territorio, vivono situazioni di abbandono causate dall’isolamento delle strutture e dai servizi insufficienti che, anche se teoricamente offerti, sovente non sono garantiti. Ancora una volta le impattanti conseguenze vanno ad agire e colpire direttamente le persone che queste situazioni le vivono sul proprio corpo.  

  1. Il benessere psicofisico e le dipendenze

Nell’ultimo anno abbiamo assistito al crescente problema di dipendenze da sostanze, in particolare legate all’abuso di crack nel nostro quartiere. Tali situazioni spesso si incontrano con altre tipologie di oppressione e di marginalizzazione legate al gender, alla classe sociale, al colore della pelle, allo stato di salute. Mancano progetti sostenibili, mancano progettualità attente e piani strategici e critici che possano raggiungere le persone in strada, tutte.

Quando una persona con problemi di dipendenza e di abuso di sostanze si rivolge allo Sportello, è purtroppo molto difficile orientare ai servizi territoriali attivi perchè, quando presenti, raramente riescono a fornire stumenti idonei per prese in carico adeguate per supportare le persone. Le complessità aumentano, in particolare, quando si tratta di persone che hanno una storia clinica di malattie psichiatriche proprio perchè in Sicilia le strutture a doppia diagnosi non esistono. Senza discriminazione tra persone italiane o straniere, la presa in carico da parte CSM (Centri di Salute Mentale) e l’ingresso in CTA (Comunità Terapeutiche Assistite) o stutture simili, sono difficilissime a causa della mancanza di operatorǝ e di specifiche formazioni.

Allontanandoci da un’ottica accusatoria che additi le situazioni drammatiche di cui veniamo a conoscenza alla sola inefficienza dei servizi, lo sguardo è più che altro volto verso una richiesta di interrogarsi e di mettere in dubbio le modalità fin ad ora adottate che, troppo spesso, risultano loro stesse escludenti e non efficaci. La limitatezza o l’assenza di politiche volte a prese in carico e percorsi sostenibili e specifici hanno un impatto determinante nelle possibilità di costruzioni o di fuoriuscite da spirali potenzialmente autodistruttive o non in linea con quanto desiderato. 

Conclusione: la politica è collettiva, oppure non è

Le attuali politiche europee e internazionali in tema di immigrazione hanno drammatiche conseguenze e gravi ricadute sulle persone, tutte. L’azione che settimanalmente portiamo avanti è di costruzione diffusa di alternative, di rapporti di senso, di ricerca e di godimento delle libertà, con uno sguardo che si specializza e che si allarga. Da sette anni, con ascolto, dedizione e, a volte, tanta frustrazione, proviamo a venire incontro ai sentiti e ai bisogni che emergono dalle persone che a noi si rivolgono e con le quali lavoriamo per trovare assieme alternative e soluzioni ai problemi, favorendo una presa in carico adeguata e “di comunità”. Ciò che muove è un senso di responsabilità e di libertà nel poter costrure assieme, ognuno ed ognuna di noi, pratiche di solidarietà e di collettività.

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