Il circolo è un rifugio!

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Se l’impatto dell’epidemia e delle misure di contenimento è stato dannoso per tutti, è un dato di fatto che per alcune persone, più di altre, è stato drammatico e ha accelerato dei processi già in atto di precarietà e marginalizzazione. Alle porte del 2020, chi non aveva una propria dimora non poteva neanche rispettare la quarantena e le norme igienico-sanitarie previste; non tutti avevano una condizione lavorativa tale da poter restare a casa; chi lavorava senza contratto non poteva spostarsi e molte badanti e braccianti hanno perso il lavoro.

Per quanto riguarda le persone migranti che abitano nel nostro paese, c’è da dire che siamo arrivati al gennaio 2020 reduci degli impatti disastrosi dei cosiddetti “decreti sicurezza” che, tra le altre misure, vietavano ai richiedenti asilo il diritto all’iscrizione anagrafica e negavano l’inserimento nei centri SPRAR (ora SAI), ai richiedenti e ai titolari di protezione umanitaria, creando l’aumento delle persone in stato di forte disagio abitativo e senza fissa dimora. Durante l’emergenza sanitaria, inoltre, il mancato requisito della residenza ha comportato in molti casi l’esclusione dalle misure di supporto messe in campo dal governo nazionale per far fronte alla crisi e l’impossibilità dell’accesso ai servizi.

Queste sono solo alcune considerazioni che ci hanno portato nel gennaio del 2021 a far parte del progetto ‘Nessuno in Strada – Circoli rifugio’, realizzato da Arci e finanziato con i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Ora che è sul finire, possiamo dire che l’aspetto più bello del progetto è stato quello di offrire ospitalità e accoglienza a delle persone che ne avevano estremo bisogno, senza particolari requisiti per potervi accedere e in tempi brevissimi. 

A Palermo, al Circolo Arci Porco Rosso, non avendo mai lavorato nel campo dell’accoglienza, ma avendo da anni un sportello d’ascolto territoriale e di tutela dei diritti, abbiamo deciso di rimodulare il progetto e supportare diverse persone in stato di indigenza, indipendentemente dal loro status giuridico. Ad oggi dunque abbiamo supportato 4 nuclei familiari, 2 donne sole con minori a carico, 2 donne badanti che hanno perso il lavoro durante la pandemia, un gruppo di venditori ambulanti che condividono casa, un richiedente asilo con difficoltà occupazionali – tutte persone con cui avevamo già creato e coltivato delle relazioni di fiducia e che rischiavano di finire in strada senza una misura di supporto tempestiva. Abbiamo anche attivato una foresteria del quartiere di Ballarò, che in questi mesi ha messo a disposizione 2 stanze della struttura, al fine di potere effettuare degli inserimenti in dormitorio in situazioni emergenziali.

Questo progetto rappresenta un aiuto concreto, seppur per un numero relativamente esiguo di persone – beneficiarie dirette sono state 10 persone, mentre indirette 20 –  e ha permesso che i destinatari degli aiuti e anche le loro famiglie, in alcuni casi molto numerose, beneficiassero del supporto, un aiuto in un momento molto buio per tornare poi al proprio percorso di vita e di autonomia. È stato di supporto anche alle operatrici e agli operatori dello sportello, che nei mesi peggiori della pandemia hanno continuato a lavorare pur trovandosi spesso con poche risposte da dare alle troppe persone in stato di totale indigenza, persone che per diversi fattori non potevano accedere a determinati servizi o che avrebbero dovuto aspettare un tempo troppo lungo per essere prese in carico dai servizi sociali pubblici – lungi dal volersi sostituire a questi ultimi.

Giulia Gianguzza

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