6 mesi di Sportello Sans-Papiers

NB I dati qui raccolti raccontano solo degli incontri avvenuti all’interno dello sportello del mercoledì pomeriggio e omettono tutti i colloqui e le prese in carico che avvengono al di fuori, tra i quali il lavoro dello sportello mobile presso gli insediamenti informali e il supporto ai capitani criminalizzati – persone e storie di cui vi racconteremo in futuro. 

Nei primi 6 mesi dell’anno, più di 300 persone sono passate dallo sportello, delle quali il 72% sono di genere maschile, il 19% di genere femminile e il restante sono nuclei familiari.

 

La maggior parte sono persone originarie dell’Africa Occidentale – in particolare della Nigeria [1] (27,5%), Gambia (19,2%), Ghana (17,5%), Camerun (10,8%) e Senegal (10%) – e del Nord Africa – Tunisia (64%), Marocco (11,7%), Egitto (9,7%), Libia (7,8%), Algeria (6,8%) – con un aumento significativo del numero di persone provenienti dalla Tunisia [2] (66 persone), che si avvicina a quello relativo per l’intero anno 2022, pari a 78 persone. Minori sono stati gli accessi da Asia ed Europa Occidentale. Rispetto al 2022, nel semestre concluso è rimasto stabile il dato relativo al numero di utenti italiani (12 rispetto alle 24 dell’anno scorso) [3]. Le persone provenienti dall’America del Sud, invece, sono state in maggioranza peruviane (26%), mentre quelle originarie dell’Africa Orientale sono per lo più provenienti dalle Isole Mauritius (71,4%).  

Problemi vissuti e percorsi co-costruiti

Negli anni è da sempre costante la pluralità delle problematiche che la nostra comunità affronta tutti i giorni. Sono situazioni vissute diverse e complesse perché descrivono condizioni articolate su più livelli, spesso intrecciati tra loro. Generate da diverse ragioni, in primis strutturali, e determinate dalla conformazione stessa della società occidentale, sono  spesso co-determinate l’una dall’altra perchè un ambito concorre a determinarne un altro: la condizione sociale e lo status legale, ad esempio, hanno un forte impatto sul benessere psicofisico della persona.

Nel corso dei colloqui e delle prese in carico, in continuità con gli anni passati, ciò che riscontriamo è che i maggiori dubbi e le richieste più frequenti sono legate alla sfera della regolarizzazione delle situazioni legali e dell’ottenimento del permesso di soggiorno, condizioni che risultano propedeutiche al pieno accesso e godimento dei propri diritti. Come noto, le attuali politiche europee e internazionali in tema di immigrazione hanno drammatiche conseguenze e gravi ricadute su tutte le persone e, quest’anno, il nuovo governo in carica si sta specializzando nella riduzione delle libertà della sua popolazione. Il decreto legge scritto a seguito della tragedia avvenuta a largo delle coste di Cutro ne è tra i più lampanti esempi: tra le novità introdotte, ha trasfigurato la protezione speciale, ha aumentato le pene detentive e punitive per le persone accusate di aver guidato una barca nell’attraversamento di confini, e ha ridotto le condizioni e le garanzie nei centri di accoglienza. 

Da qualche tempo, inoltre, è emersa più esplicitamente la crisi alloggiativa che la nostra città sta vivendo. Non importa se vivi in Italia da 3 giorni, 3 anni o 30 anni; la combinazione dell’alto livello di disoccupazione in Sicilia, le altre forme di oppressione subite da tante comunità e il limitato supporto istituzionale, concorrono a determinare situazioni di grave disagio e di precarietà abitativa, spesso senza soluzioni.

Perciò, dove vivono le persone che incontriamo?

La maggior parte delle persone vivono in case o stanze indipendenti ma il dato, apparentemente ridotto, delle persone residenti in CAS (35) in realtà esplicita disservizi, abbandono e malfunzionamento dei centri gestiti dalla Prefettura, teoricamente nati e predisposti proprio per il supporto delle persone straniere da poco arrivate. 

Che tipo di servizio di accoglienza è quella offerta da un centro che ti costringe a rivolgerti altrove per veder garantiti i tuoi diritti, l’accesso a informazioni a te utili e vicinanza a una comunità di riferimento? Forse, almeno, potremmo cambiare nome a questi non-luoghi di accoglienza.

 

[1] Anche questo Paese, come il Gambia, è stato recentemente inserito nella lista di Paesi considerati “sicuri” dall’Italia, per i quali si applica un quadro normativo particolare in materia di protezione. Puoi visitare il link per avere maggiori dettagli sulla situazione nigerina. 

[2] Per approfondire la situazione in Tunisia per le persone in movimento provenienti dall’Africa occidentale e dal Paese visita i link: Sulle conseguenze dell’ultimo memorandum d’intesa tra Ue e Tunisia; Sulla designazione di “Paese Sicuro” e Sulle violenze della guardia costiera tunisina

[3]  Rispetto all’anno scorso, risulta maggiore il numero di persone che si sono rivolte per motivi legati alla sfera legale (50%) piuttosto che a quella della marginalità abitativa e socio-sanitaria (16,6% e 25% rispettivamente).

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