Tra il sette e l’otto settembre, Palermo ha ospitato una serie di incontri sul tema della criminalizzazione del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Ad organizzarlo è stata la rete transnazionale Captain Support, nata per sostenere persone migranti incarcerate al loro arrivo in Italia, in collaborazione con la Iuventa Crew – l’equipaggio dell’omonima nave ONG sequestrata nel 2017 che da anni porta avanti una campagna per la libertà di movimento incardinata sul loro processo – con lo European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) e con Amnesty International. Qui, persone da diversi contesti, prospettive di lotta e paesi europei si sono incontrate per discutere punti importanti per i prossimi passi di contestazione. Insieme abbiamo riflettuto sui punti comuni e le divergenze delle strategie statali di identificazione, incarcerazione e, più in generale, di controllo penale delle persone migranti e di chi ne favorisce la mobilità, delle narrazioni che portiamo avanti nei nostri diversi contesti e di come rafforzare le nostre argomentazioni, tenendo conto della complessità e delle dimensioni anche violente del fenomeno dello smuggling. È fondamentale metter in luce, in una prospettiva abolizionista e intersezionale della libertà di movimento, che è proprio questo sistema di chiusura ed esternalizzazione delle frontiere (in questo caso europee) a creare le condizioni strutturali che espongono le persone a situazioni di pericolo e violenza. Costrette dall’assenza di possibilità di intraprendere il viaggio in condizioni di sicurezza verso l’Europa, le persone che partono da paesi svantaggiati dovranno necessariamente attraversare frontiere senza autorizzazioni statali. L’impossibilità ad accedere a percorsi legalizzati di ingresso, comporta che i mercati informali diventano necessariamente l’unico spazio che offre la possibilità di proseguire, con tutta l’imprevedibilità che questi possono comportare. I rischi e le violenze a cui è esposto chi viaggia sono dunque conseguenza diretta e indiretta delle politiche migratorie europee e, soprattutto, non terminano con l’arrivo in Europa: per troppe persone, l’arrivo nei paesi costieri corrisponde ad un arresto.
Siamo contro la retorica populista usata per mantenere il potere in tutti quei paesi in cui la politica dei governi è stata erosa da decenni di politiche persecutorie, antisociali, razziste, capitaliste, patriarcali e neocoloniali. In questi giorni, qui a Palermo, ci siamo ri-trovatǝ e abbiamo rinnovato il nostro impegno a lottare insieme e ad unire le forze e le teste, per costituire una resistenza alle violenze di frontiera e per denunciare le politiche mortali e razziste europee che le generano.