Lo scorso 24 maggio, un’ottantina di persone che abitavano nell’insediamento informale presso l’ex-cementificio tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, sono state sottoposte a sgombero con una spropositata, quanto non annunciata, operazione delle forze dell’ordine, coordinata dalla Prefettura di Trapani.
Da quattro anni, il nostro Sportello Mobile svolgeva un’attività di supporto socio-legale al “ghetto”, che abbiamo già raccontato come “luogo di vita” dai tanti significati, diversi quante erano le persone che lo abitavano. Sin dalla notizia dello sgombero, appresa solamente in corso d’opera, non abbiamo avuto dubbi sul fatto che non avrebbe fatto altro che causare un’ulteriore marginalizzazione e precarizzazione delle vite di chi lo ha subito, come lo sgombero del precedente insediamento della vicina Erbe Bianche del 2018. Soprattutto di fronte al fatto che l’unica alternativa, prospettata esclusivamente a chi era in possesso di un permesso di soggiorno, è stata quella del trasferimento presso i moduli abitativi della struttura di Fontane D’Oro, donati nel 2021 dall’UNHCR per l’insediamento “formale” messo in piedi usualmente nel periodo della raccolta delle olive e destinato all’alloggio temporaneo dei braccianti stagionale, su gestione della Croce Rossa.
Quelle strutture, non concepite neanche a scopo abitativo, non avrebbero in alcun modo potuto costituire un’alternativa sostenibile, neanche temporaneamente, per le persone espulse dal ghetto. Sia per le sue condizioni materiali – moduli abitativi privi di letti, pannelli solari e base sul pavimento per isolare in caso di pioggia – sia per l’inadeguatezza di un luogo del genere di fronte alle differenti situazioni, volontà e condizioni di salute dellǝ abitantǝ del ghetto. Per non contare sul fatto che i pochi braccianti con un lavoro stabile che lì risiedevano per mancanza di alternative, cercano una casa in affitto da mesi, se non anni, senza soluzioni – visto che non trovano nessuno disposto ad affittare casa in entrambi i comuni.
Una settimana dopo, è stato disposto un ulteriore preavviso di sgombero della stessa struttura di Fontane D’Oro, manifestando ancora una volta quanto dietro lo sgombero della ex-Calcestruzzi non vi fosse alcuna intenzione di trovare delle soluzioni per far fronte alle dinamiche complesse che si muovevano dentro e attorno ad esso. Con questi sgomberi, si è cercato semmai un capro espiatorio attraverso cui lanciare un messaggio di “legge e ordine” in un territorio in cui la credibilità dello Stato è stata fortemente messa in discussione dalla scoperta che uno dei più ricercati latitanti degli ultimi decenni, Matteo Messina Denaro, sia in realtà sempre rimasto in quel territorio. Abbiamo provato a esprimere tutta la nostra contrarietà verso queste scelte politiche e a cercare, nonostante tutto, un dialogo con le istituzioni per trovare delle soluzioni condivise e adatte alle diverse esigenze e desideri delle persone, con una lettera aperta rivolta alla Prefettura di Trapani e ai sindaci dei due Comuni di Campobello di Mazara e di Castelvetrano, lettera che non ha mai ricevuto risposta.
L’insediamento di Fontane D’Oro è stato sgomberato definitivamente il 21 giugno, quando ad abitarlo vi erano ancora 14 persone, quelle che nelle settimane precedenti non erano riuscite a trovare alcuna soluzione in assenza di supporto, se non quello che sono riuscite a mettere in campo le associazioni attive sul territorio, tra cui lǝ compagnǝ operatorǝ del nostro sportello mobile. Anche questa operazione è stata raccontata con quella retorica securitaria che si appella a “prevenzione”, “repressione” e “rispetto della legalità”. Categorie che forse generano consenso, ma che mistificano una realtà molto più complessa. Da anni infatti, denunciamo come la narrazione demonizzante e stigmatizzante nei confronti di chi vive nei ghetti e lavora a diverso titolo nell’ambito dell’economia informale in mancanza di alternative, ha come unico effetto quello di criminalizzare ulteriormente le persone, invece di gettare le basi per supportarle nella ricerca di alternative al loro stesso sfruttamento, per altri versi pienamente tollerato quando imprescindibile per sostenere la sopravvivenza dell’economia formale del territorio.
Purtroppo però, questi gesti repressivi e propagandistici non cancellano con un colpo di spugna la realtà di decine di vite che continuano a riorganizzarsi, con tutte le difficoltà che comporta ritrovarsi senza una casa, spesso per un’ennesima volta, e che si sommano a quelle legate alle diverse forme di sfruttamento e, per alcunǝ, alle dipendenze da sostanze rispetto alle quali gli stessi servizi del territorio alzano le braccia per mancanza di risorse. Per questo continueremo a stare vicinǝ alle persone conosciute in questi anni e a quelle che sicuramente continueranno ad attraversare questo territorio, coscienti di come la solidarietà reciproca sia la materia più resistente con cui ricostruire su tutte le macerie.