Da circa un anno è partita probabilmente la cosa più rivoluzionaria in atto a Palermo: la formalizzazione del mercato dell’usato dell’Albergheria.
E’ una rivoluzione silenziosa, sicuramente molto graduale, ma che coinvolge gli aspetti più importanti della nostra vita cittadina, in una sintesi fra riscatto sociale e trasformazione ecologica del territorio.
Questo particolare mercato nasce in un periodo imprecisato a cavallo fra la fine degli anni ‘90 e gli inizi degli anni ‘2000. Difficile essere precisi, perché il segno distintivo di questo luogo è sempre stata l’informalità. Le storie di chi c’era raccontano sia nato dentro il mercato storico alimentare di Ballarò, spostandosi nel corso del tempo verso San Saverio. Crescendo, è diventato il più grande luogo di scambio o vendita di modico valore della città, letteralmente di qualsiasi cosa.
Le ragioni di una simile espansione, che ha raggiunto punte di 800 -1.000 mercatarə al giorno, le possiamo articolare in tanti modi, ma si riconducono sostanzialmente all’enorme precarietà economica, unita spesso (ma non sempre!) alla marginalizzazione sociale di una grande fetta di popolazione a Palermo.
Quando un bisogno così forte come quello di arrivare a fine giornata, incontra un territorio poco presidiato da parte delle istituzioni, sia in termini di controlli che in termini di servizi, allora si consolidano delle pratiche spontanee e autogovernate. Ciascuna persona organizza la propria attività di ricerca delle merci nella maniera che le viene più congeniale, rispetto ai mezzi che ha a disposizione. Ciascuna persona entra in rapporto di solidarietà, di conflitto o di indifferenza con le altre del mercato, in base a contingenze o a interessi diversi, che possono variare nel corso del tempo. Alcune persone sono più (ri)conosciute e rispettate, spesso per motivi di anzianità o di posizioni di potere di diversa natura.
Il tentativo di connotare il mercato in maniera univoca è in ogni caso riduttivo e fuorviante, poiché si tratta di un microcosmo che racchiude uno spaccato della società in generale, solo molto più povero di altri: ci sono delle persone oneste (tante), altre meno oneste (pochissime), persone rispettose e pulite, e persone vastàse e fitùse, ci sono una decina di culture e lingue differenti, ci sono almeno quattro generazioni.
Nel corso degli anni una simile presenza nel quartiere ha suscitato le reazioni più disparate: di conflitto e di rifiuto, da parte di tantə residenti, verso l’eccessiva deregolamentazione dell’attività, che produce caos e sporcizia, o di accettazione, se non proprio di riconoscimento, da parte di una larga parte della clientela che può acquistare a prezzi decisamente popolari una gigantesca varietà di articoli di uso quotidiano e di prima necessità. O ancora di curiosità e di fascino, per visitatori e visitatrici con il pallino dell’usato, del vintage, dell’antiquariato, dell’oggetto rètro, del trash un pò glamour. Infine, di rispetto e ascolto reale, nell’ambito dell’assemblea permanente di quartiere SOS Ballarò, che ha attivato un percorso di conoscenza e analisi della vita del mercato.
L’approccio adottato in quest’ultimo caso ha permesso di capovolgere la prospettiva: non sono le persone del mercato dell’usato ad essere irrimediabilmente degenerate, e ad aver scelto per vocazione l’illegalità e l’abusivismo, ma è la soglia di accesso ai diritti e ai servizi ad essere troppo alta e a generare il cosiddetto “sommerso”. Sono le regole escludenti del mercato del lavoro e del commercio a tagliare fuori chi non parla i linguaggi della burocrazia o non ha i soldi per affrontarne le spese.
Bisognava sperimentare nuove formule per permettere l’emersione di una parte di città invisibile, non ritenuta degna di null’altro che le ruspe.
Nel 2017, dopo uno storico confronto alla Rettoria di San Saverio, mercatarə, SOS Ballarò e realtà di quartiere sono riuscite ad intercettare la sensibilità politica della Giunta Comunale e del Sindaco sul tema, dando avvio ad un meccanismo del tutto innovativo di “tavolo tecnico” inter-istituzionale, sulla falsariga del ViviBalon di Torino, che ha condotto all’Istituzione dell’Area del Mercato dell’Usato e del Libero Scambio dell’Albergheria, la prima in tutta Palermo, regolata da apposite Linee Guida.
Dietro l’atto formale c’è il riconoscimento del valore socio-economico ed ecologico che il mercato dell’usato ha rappresentato fin dalla nascita e dell’importanza di avviare un progetto comunale sperimentale di contrasto all’esclusione sociale e allo spreco.
La gestione dell’Area formalmente definita è stata affidata tramite bando all’associazione che nel frattempo i mercatari e le mercatare dell’Albergheria hanno costituito. Sbaratto è questo: è il soggetto giuridico attraverso cui la gente del mercato può interagire, nel bene e nel male, con le istituzioni e che ha permesso di ottenere un’autorizzazione ufficiale per la durata della gestione sperimentale (1° luglio 2021 – 30/12/2021, poi prorogata di altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021).
La sperimentazione ha messo in luce le difficoltà interne al mercato, emerse nel costruire uno spazio collettivo che sia in grado di prendere delle decisioni efficaci, sensate, coerenti con gli accordi presi con le istituzioni, e rispettose della volontà plurale del mercato.
Ma soprattutto ha evidenziato le incoerenze della macchina comunale tutta, dagli uffici agli organi di governo, che al suo ultimo anno di mandato amministrativo, ha progressivamente spento l’interesse e la volontà politica nei confronti di questo progetto.
Fra mille incertezze post-elettorali, rimane una convinzione che sarà centrale nelle future azioni del mercato, ormai associato: resistere e dimostrare che le Aree di Libero Scambio e dell’Usato non sono necessarie solo per chi vende/scambia, ma sono un bene prezioso per tutta la città.
Giulia Di Martino