Cosa succede dopo il film?

Immaginiamo che Seydou e Moussa siano arrivati in Italia oggi, il 31 ottobre 2023.

     

      • Seydou e Moussa vengono arrestati, accusati di essere scafisti o trafficanti [1].

    Anche se i due ragazzi si dichiarano minori, possono non essere creduti dalla polizia, come spesso accade. Dovrà allora essere intrapreso un percorso tortuoso di accertamenti dell’età, spesso discutibile, in cui il rischio di essere categorizzati come maggiorenni è alto. Se non dovessero essere riconosciuti come minori, finiranno nel circuito penitenziario come adulti. 

    Comunque, indipendentemente dall’età riconosciuta, vengono sottoposti a un processo in quanto “scafisti”. Il/la loro legale quasi sicuramente non parla Wolof. Si dovrà dunque chiamare un interprete oppure S. e M. accetteranno di parlar altre lingue veicolari. Purtroppo la vita vera non ha sottotitoli.

    Se dovessero essere riconosciuti come minori, saranno sottoposti al percorso di messa alla prova che comporta l’estinzione del reato e saranno seguiti con costanza da un’assistente sociale – esattamente come è successo a Fofana Amara, persona a cui è ispirato il film. 

    Se ritenuti maggiorenni, il reato per cui sono accusati è considerato ostativo alle misure alternative alla pena, quindi l’unica prospettiva è il carcere.

    Qualora fossero condannati, S. e M. passerebbero in carcere una pena tra i sei e i sedici anni; i numeri sono legati al fatto che nessuno è morto durante il viaggio – secondo quanto regola l’art. 12 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina del testo unico dell’immigrazione. Le condizioni di salute delle persone che hanno viaggiato in stiva potrebbero comunque essere usate contro di loro e diventare aggravanti nella sentenza. Già il fatto di aver trasportato più di cinque persone costituisce un’aggravante. Non solo, il possesso di un telefono satellitare potrebbe essere usato dal pubblico ministero per perorare la causa della loro appartenenza a un’organizzazione dedita al traffico di essere umani, cosa che porterebbe il caso davanti alla Direzione distrettuale antimafia. E probabilmente nessuna delle torture subite né i loro traumi verranno considerati dalle commissioni per il riconoscimento dell’asilo.

    E poi? E poi molto probabilmente conseguirà un’espulsione. L’intervento di un/una legale potrebbe portare all’annullamento – cosa rara ma possibile -; se poi Seydou e Moussa vogliono chiedere asilo, le loro procedure andranno in accelerata e, quasi sicuramente, respinte perché il Senegal è considerato paese sicuro. Potrebbero anche essere deportati, per quanto la cosa sia legata soprattutto alle possibilità economiche del paese che espelle. Potrebbero essere deportati anche direttamente dal carcere, senza mai vedere l’Italia da liberi. 

    Comunque, anche se dovessero riuscire ad evitare l’espulsione, la natura del reato per cui sono stati accusati potrebbe essere considerata un ostacolo al permesso di soggiorno – sebbene nel frattempo i due ragazzi abbiano instaurato percorsi socio-lavorativi, relazioni personali significative, abbiano imparato perfettamente la lingua e/o seguano corsi di studio o di lavoro. In poche parole, c’è un alto rischio di ulteriori processi di invisibilizzazione e sovraesposizione ai margini e alle periferie della legalità. 

       

        • Compagnǝ di viaggio. 

      Presupponiamo che le complicate operazioni di sbarco vadano al meglio e che tutte le persone si mettano in salvo raggiungendo la terra ferma. La maggior parte di queste persone riceverà espulsioni legate al paese di provenienza o le motivazioni presunte del viaggio, e procedure accelerate con dinieghi della richiesta d’asilo. In ogni caso, tuttǝ dovranno affrontare percorsi complessi e problematici per ottenere un permesso di soggiorno proprio a causa dalle leggi razziste e xenofobe del paese per il quale hanno tanto faticato ad arrivare. Difficilmente, inoltre, le torture subite e i loro traumi affrontati verranno considerate e tutelati dalle commissioni preposte all’ottenimento dell’asilo. 

      I/ le mediatorǝ della polizia, Frontex, o qualcunǝ di non ben identificato potrebbe anche promettere loro permessi di soggiorno in cambio della denuncia di Moussa e Seydou. Alcunǝ potrebbero accettare. Queste testimonianze verranno usate contro i due capitani nel processo. I/le testimoni non riceveranno alcun beneficio né permesso di soggiorno né altro. Quei/quelle compagnǝ di viaggio che vogliono lasciare l’Italia sono costrettǝ ad accettare la dura verità: a causa dei protocolli di Dublino, legalmente, non potranno chiedere asilo a nessun altro paese europeo, possono superare le frontiere solo affrontando, nuovamente, alti rischi e costi.

      Chi pensasse che il male si trova soltanto in Libia deve fare i conti con la realtà.

         

          • Il/la bambinǝ nato in mare.

        Non essendo minore non accompagnato seguirà l’iter legale dei suoi genitori che potrebbero chiedere tutela e il permesso di soggiorno per assistenza a minori – art. 31. Anche se dovesse rimanere in Italia  da apolide o da cittadino di un paese terzo – in cui non ha trascorso neppure un giorno – la procedura per l’ottenimento della cittadinanza italiana durerebbe quasi vent’anni, con richieste difficili di possedimento di requisiti di reddito al compimento della maggiore età. Questo a meno di non essere un campione sportivo o un eroe.

        Il film ha raccontato molto di cosa succede o può succedere dall’altra parte del mar Mediterraneo. Da questa parte invece le cose non finiscono con l’urlo “io capitano”, anzi spesso e, tragicamente, iniziano proprio da lì.

         

         

        [1] La parola “trafficante” descrive due fenomeni diversi tra loro: quella del traffico di persone, che in inglese è smuggling, ovvero il favoreggiamento dell’attraversamento della frontiera, che avviene su richiesta dei migranti, e quella della tratta, che in inglese è trafficking, in cui le persone vengono trasportate oltre frontiera con coercizione o inganno per essere sfruttate all’arrivo.

         

        L’immagine di copertina è un estratto del film Io capitano di Matteo Garrone. 

         

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